Vorrei parlare di un'esperienza che avrebbe potuto esserci, ma non c'è stata, almeno in parte.

Incuriosita dal tema e contenta di occuparmi con il mio lavoro di un evento che riguarda la mia città ho preparato la presentazione sulla mostra "Miro', Poesia e luce" che la Gran Guardia avrebbe dovuto inaugurare lo scorso mese, ma che poi di fatto è stata annullata e rimossa dai pensieri e dai problemi che sicuramente avrà comportato.

Io non mi sono arresa e in queste settimane ho trasmesso con le mie modalità di storica dell'arte il pensiero di Mirò, la sua arte e soprattutto la sua idea di avere una stanza tutta per sé: il suo atelier di Palma di Maiorca che come un giardiniere ha coltivato e curato dal 1956 al 1983, innestando e potando come piante, fiori e frutti le sue opere.

Mirò è artista che sa aspettare senza fretta che le cose maturino; un uomo generoso nel concedersi agli altri ma anche contento di tornare nel silenzio dell'isola di Maiorca, dove il suo viso bonario lascia spazio all'aggressività dei suoi demoni.

Ma c'è un'immagine molto interessante che qui ripropongo e che ha a che fare con il Mirò del periodo americano.

L'artista catalano ha due sogni grandi e possibili da realizzare nella sua lunga vita. Un atelier  tutto per sé e far parte di progetti universali.

Il primo si concretizza con l'aiuto del suo amico architetto Josep Lluis Sert, nella terra materna di Palma di Maiorca, l'altro lo realizza in America.

Il crollo di Wall Street nel 1929 e la conseguente Grande depressione spinge il governo ad intervenire per far ripartire l'economia e diminuire il numero di disoccupati.  

Il Federal Art Project (FAP) è il programma di sviluppo delle attività artistiche messo in atto dal governo americano del Presidente Roosevelt nella seconda metà degli anni '30.

La sua creazione ha lo scopo di ridurre l'impatto della crisi economica e finanziaria del 1929 sugli artisti e sul mondo della cultura americana.

Il Federal Art Project (FAP) ha 3 obiettivi:

-creare opportunità di lavoro su basi regolari per artisti disoccupati e in condizioni disagiate;

-produrre opere d'arte destinate ad abbellire edifici pubblici non governativi: scuole, ospedali, biblioteche, ecc.

-educare il popolo americano all'arte

Il programma del Federal Art Project (FAP) comprende inoltre tre tipi di attività:

-Realizzazione di opere d'arte;

-Attività didattica pedagogica sull' arte, rivolta alla gente comune, riqualificandola attraverso la manualità e la frequentazione di laboratori e di Art Center;

-Attività scientifica e di ricerca nel campo del design.

L'America in un periodo difficile sceglie di investire nell'arte come motore per incrementare anche il mercato del lavoro, intelligente esempio di politica economica che sa quali sono le risorse del paese sulle quali puntare e che non rinuncia all'arte e alla ricerca, ma le sostiene come vetrina di civiltà.

Gli artisti hanno incarichi periodicamente rinnovati, disdetti nel caso in cui i criteri di reddito non siano rispettati o la qualità del lavoro non sia ritenuta idonea dalla commissione preposta. I concorsi sono rigorosamente presentati alla Commissione esaminatrice in forma anonima.

Tra gli artisti oggi famosi che vi partecipano ricordiamo: Joan Mirò,  Mark Rothko, Jackson Pollock, Adolph Gottlieb, Philip Guston, Arshile Gorky, Nei suoi otto anni di vita il FAP crea oltre 5.000 occasioni di lavoro. Poi la guerra cambia le regole della politica.

Ma in questi anni,  Mirò ha ancora la possibilità di confrontare la sua arte con quella delle altre discipline soprattutto con l'architettura.

Rinuncia volutamente alla sua identità narcisistica di pittore quale è, il grande Mirò,  per entrare nell'anonimato di un confronto che lo avrebbe portato più in alto, più vicino alle sue "Costellazioni".

Adatta il suo estro alla realtà di una parete, di un edificio, di una problematica più complessa dove il gioco di squadra è fondamentale per la buona riuscita del progetto: lezione imparata già da un altro grande spagnolo, Antoni Gaudì.

Quanto insegna anche a noi questo instancabile artista catalano e quanto avrebbe fatto bene a Verona, alle tante persone che avrebbero visitato certamente la mostra, ma soprattutto ai giovani che ci contavano su quest'estate nella quale avrebbero lavorato, con un contratto a tempo ma comunque lavorato, orgogliosi di contribuire al successo di una mostra mancata e dimenticata ormai  tra gli spruzzi di una vacanza  senza soldi, irritata dal cloro di una affollata piscina nella nostra assolata e sperduta città.

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