E' il titolo di un libro/diario, scritto fra il 1831 e il 1836 dall'allora ventiduenne Charles Darwin, che racconta il suo viaggio intorno al mondo a bordo del Beagle, il brigantino inglese del capitano Fitz Roy. E' un libro straordinariamente bello, scritto con la verve di uno scrittore consumato ed offre uno spaccato irripetibile del clima culturale nel mondo anglosassone della prima metà ‘800. La lettura è facile e scorrevole, le annotazioni sempre interessanti, le conclusioni spesso innovative, talvolta rivoluzionarie.

Un capitolo a parte meriterebbero le osservazioni sugli schiavi, sui selvaggi, sugli indigeni e sugli aborigeni. Dobbiamo tener conto che la schiavitù fu abolita in America nel 1865 e che nelle colonie continuò ad esistere fino ai primi decenni del ‘900. Darwin è preso fra questi fuochi ed esprime una vasta gamma di sentimenti, dalla pietà per lo sterminio degli indios in Patagonia, al disprezzo per gli indios della terra del Fuoco, all'ammirazione per gli indigeni di Tahiti, alla esecrazione per gli aborigeni australiani. Sicuro della superiorità culturale, economica, sociale e morale del mondo anglosassone sembra non essere in grado di concepire sistemi di organizzazione sociale diversi dal suo. Eppure descrive con minuzia di particolari usanze e costumi che ai nostri occhi appaiono estremamente interessanti.

I suoi limiti culturali non gli impediscono di riconoscere che: "Ovunque l'Europa pone piede, si direbbe che la morte perseguiti l'Aborigeno. Possiamo considerare le grandi estensioni delle Americhe, della Polinesia, del Capo di Buona Speranza e dell'Australia e troveremo lo stesso risultato".

Parlando degli indios delle isole Chonos, annota: " la loro razza è estinta da queste parti, in seguito al desiderio dei cattolici di farne ad un tempo dei cristiani e degli schiavi".

Nelle isole Galapagos racconta che gli uccelli, prima dell'arrivo dell'uomo, erano talmente domestici da poter essere presi con un cappello. "Le tortore non temevano l'uomo, fino a quando una volta alcuni dei nostri compagni non spararono loro, dopo di che divennero più circospette".

In Australia capisce subito che non c'è futuro ne' per gli animali ne' per gli aborigeni:

"Pochi anni fa questa regione abbondava di animali selvatici, ma ora l'emù è respinto a grande distanza e il canguro è diventato raro; per entrambi i cani inglesi sono stati causa di distruzione. Passerà molto tempo prima che questi animali siano interamente sterminati, ma la loro condanna è fissata e con loro anche quella degli aborigeni".

Interessantissima la sua teoria sulla formazione dello Tsunami, a pag. 289, o sulla formazione degli atolli, pag. 437, ed. Einaudi.

Il libro si conclude con una esortazione:

"Ma io ho goduto troppo profondamente il viaggio per non raccomandare ad ogni naturalista di afferrare ogni occasione e di intraprendere escursioni per terra, se possibile, o altrimenti un lungo viaggio per via di mare….Viaggiando imparerà ad essere diffidente, ma nello stesso tempo scoprirà quante persone veramente di cuore vi siano, con le quali non aveva mai avuto o non avrà mai più contatti e che sono tuttavia disposte ad offrirgli il più disinteressato aiuto".

Dopo questo viaggio Darwin non si mosse più dall'Inghilterra.

Chatwin, nel suo RITORNO IN PATAGONIA, scritto a quattro mani con Paul Theroux, racconta di aver conosciuto in Cile il pronipote di William Low, il pilota che guidò Darwin e Fitz Roy nei canales . . .

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