La "natura" non ha incontrato i favori né degli scienziati né dei letterati italiani, perlomeno in epoca moderna. E' interessante vedere come hanno trattato la questione Leopardi e Goethe e come la stiamo trattando noi ai nostri giorni.

 

O natura, o natura,

Perchè non rendi poi

Quel che prometti allor? perchè di tanto

Inganni i figli tuoi?

Lo stesso Leopardi nello Zibaldone spiegava meglio la sua visione della "natura":

"Entrate in un giardino di piante, d'erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell'anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole, che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un'ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell'albero è infestato da un formicaio, quell'altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; ecc. "

In Germania nello stesso periodo, 1822, Johann Wolfgang Goethe pubblicava QUADERNI DI MORFOLOGIA - VOL I° BOTANICA. Il suo approccio al tema della "natura" è distante anni luce da quello di Leopardi:

"Quando l'uomo, sospinto a una vivace osservazione, ingaggia una lotta con la natura, avverte dapprima Ma ciò non dura a lungo, poiché questi premono a loro volta su di lui, tanto da fargli sentire tutte le ragioni per riconoscere anche la loro forza e apprezzare il loro effetto. Non appena si convince di questo duplice influsso reciproco, l'uomo prende coscienza di una duplice infinità: dal lato degli oggetti la molteplicità dell'essere e del divenire e dei rapporti che si incrociano nel mondo vivente; dal lato umano, invece, la possibilità di un perfezionamento infinito, nel rendere la propria sensibilità e il proprio giudizio capaci di sempre nuove forme di recezione e di reazione."

La convinzione che la "natura" abbia delle intenzioni buone o cattive, che sia madre o matrigna, amorevole o crudele è tipica di chi preferisce affidarsi al pregiudizio piuttosto che allo studio. Chi si mette davanti alla "natura" con cuore sgombro e mente libera rimane affascinato dalla complessità e dall'armonia di un mondo di cui noi uomini siamo solo un'infinitesima e dannosissima parte.

Che la crosta terreste abbia dei continui assestamenti o che più semplicemente la gallina becchi un insetto non ha niente a che vedere con con "il bene ed il male". Se noi uomini fossimo davvero intelligenti (sapiens), ci preoccuperemmo di studiare con grande attenzione i vari aspetti della "natura"e poi terremmo conto di tutte le informazioni che abbiamo raccolto sui fenomeni naturali. Invece siamo preoccupati solo di "sottomettere gli oggetti a noi stessi" (a questo sembra servire la scienza) e ci rifiutiamo di tener conto della complessa concatenazione dei fenomeni naturali.

Ci rifiutiamo di studiare e di capire che rapporto ci sia fra il riscaldamento del pianeta e l'aumento di CO2; continuiamo a costruire case e strade sulle rive dei fiumi anche se sappiamo che in questa maniera finiremo tutti sott'acqua; facciamo finta di non sapere che in Italia ci sono delle zone ad alto rischio sismico, zone che andavano messe in sicurezza già da tempo con una rigorosa programmazione dei lavori e degli investimenti; continuiamo a progettare nuovi attrattori di traffico e nuove strade all'interno dei grandi centri urbani – vedi Verona - anche se questi centri patiscono da anni un pesante inquinamento atmosferico, ben oltre i limiti di sicurezza.

Il viceministro alla cooperazione regionale israeliano, Ayoob Kara, membro della Knesset ed esponente del Likud, che ha collegato il terremoto con le votazioni all'Unesco è un altro illustre esempio, stavolta internazionale, di quanto sia radicato anche nei paesi economicamente più avanzati questo atteggiamento anti-scientifico.

Ci sono state epoche in cui gli dei rappresentavano il fuoco, la terra, il sole, la luna, il vento. Epoche in cui si veneravano gli alberi, si consideravano sacri i fiumi, i boschi, le foreste, perfino i campi coltivati. C'erano festività strettamente legate alle stagioni, ai raccolti, alla nascita e alla morte.

Noi oggi, utilizzando l'enorme bagaglio tecnologico fornito dalla "scienza", ci preoccupiamo solo di "sottomettere gli oggetti al nostro potere" e non ci rendiamo conto che in questa maniera stiamo preparando giorno dopo giorno la nostra rovina.

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