I fallimenti e i diversi procedimenti di concordato preventivo sono in continuo aumento, i risarcimenti sono nulli o irrisori, tocca alle imprese artigiane pagare il conto, prima di uscire di scena.

Nuovo balzo dei fallimenti: + 14% nel secondo trimestre.

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In provincia di Verona nei primi 9 mesi del 2014 sono state presentate 500 istanze di fallimento, in linea con le 750 del 2013 e del 2012.

A presentare l'istanza di fallimento sono il creditore o più creditori che abbiano accumulato un credito di almeno € 30.000,00. Le procedure fallimentari per ottenere qualche risultato dovrebbero essere veloci. In realtà passano i mesi, talvolta si supera l'anno e alla fine i creditori restano invariabilmente con un pugno di mosche. La società fallita è già stata svuotata, i beni sono stati messi al sicuro e i crediti risultano inesigibili. Da anni non esiste più il Registro dei falliti, un tempo consultabile in tutti i tribunali. Il fallimento non comporta di fatto conseguenze penali e neppure amministrative. Il fallito decade come amministratore della società fallita, ma può sedere nel consiglio di amministrazione di altre società. Naturalmente le sentenze di fallimento continuano ad essere pubbliche e consultabili.

Il settore più colpito è quello dell'edilizia, ma ormai non esistono zone franche. Si fallisce nell'abbigliamento, nel settore alimentare (sia produzione che distribuzione), nel settore agricolo e perfino nel vitivinicolo. Falliscono di più le srl, ma anche le spa, le sas, le società a nome collettivo, le società in accomandita semplice, raramente le ditte individuali.

Dovrebbe andar meglio con i Concordati preventivi. Il Concordato preventivo è una procedura concorsuale attraverso la quale l'imprenditore ricerca un accordo con i suoi creditori per non essere dichiarato fallito e cercare di superare la crisi in cui versa l'impresa.

Ci sono diversi tipi di concordato:



  • Concordato preventivo con continuità aziendale. E' un procedimento giudiziale che sostanzialmeente permette all'azienda in crisi di "ristrutturare" la propria situazione debitoria senza interrompere l'attività. Necessita di un accordo tra l'imprenditore ed i suoi creditori, in forza del quale il primo, in stato di difficoltà economico-finanziaria, si obbliga a pagare, almeno parzialmente, i propri debiti proponendo un piano che contenga un progetto di risanamento dell'impresa in crisi. La domanda di concordato è comunicata al pubblico Ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria (art. 161, comma 5).


  • Concordato in bianco: Il nome tecnico è concordato con riserva, ma è stato subito ribattezzato concordato in bianco (art. 161, comma 6). Questa procedura regala alle ditta in prognosi di fallimento dai 2 ai 6 mesi di immunità dalle aggressioni dei creditori in attesa della presentazione del piano di salvataggio. Pensata dal governo Monti, per l'esattezza dal ministro Passera, come strumento di rinegoziazione del debito per evitare il fallimento, si sta rivelando una mina micidiale sulla quale stanno saltando a ripetizione le imprese creditrici. Con una semplice domanda si possono bloccare i creditori per mesi senza  chiarire l'entità del debito, le solvibilità, i tempi di rientro. I furbetti ne approfittano per svuotare l'azienda e mettere al sicuro i beni residui oppure per smembrare l'azienda e ripartire come conviene utili e debiti.  Da noi non c'è alcun tipo di controllo statale sull'insolvenza delle aziende. Di solito le prime ad annusare aria di pericolo sono le banche, che si preoccupano di sistemare i propri crediti, lasciando agli altri creditori un cumulo di macerie.


  • L'accordo di ristrutturazione dei debiti è uno strumento flessibile disciplinato dalla legge come mezzo di risanamento. L'impresa in crisi vi ricorre quando vuole ridurre la propria esposizione debitoria e tentare il risanamento. Esso si fonda su un accordo con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista che ne attesta la attuabilità. Il contenuto dell'accordo con i creditori aderenti, anche di crediti tributari e previdenziali, è liberamente determinabile mentre a quelli non aderenti si deve assicurare l'integrale pagamento nei termini fissati dalla legge.




Queste procedure arrivano a soddisfare nel migliore dei casi il 10% delle richieste dei creditori, ma ci sono procedure concluse col pagamento del 3% dei crediti. Spesso vengono utilizzate solo per guadagnare tempo e si concludono con il fallimento.

Nel 2013 c'è stato un enorme aumento delle procedure concorsuali. I concordati in bianco sono passati da 20 nel 2012 a 97 nel 2013. Nel 2014 il numero rimane costante.

Nella stragrande maggioranza dei casi le imprese creditrici sono imprese artigiane o piccole imprese, ma anche studi professionali (ingegneri, architetti, geometri, periti, commercialisti, avvocati), che vedono sempre più spesso inevase le proprie fatture. Mentre le ditte fallite normalmente mettono al sicuro i beni e i capitali prima del fallimento, le ditte creditrici sono completamente indifese: normalmente hanno già pagato i beni forniti e le proprie maestranze e si trovano a dover far fronte a perdite spesso rovinose.

Si può ben dire che sono proprio gli artigiani e le piccole imprese a pagare il costo più alto di questa congiuntura. Il meccanismo è semplice e micidiale. Prendiamo l'esempio classico dell'impresa edile che costruisce un palazzo, ma che non ha quasi mai maestranze proprie o solo in minima parte. Si avvale normalmente delle forniture e della manodopera di una serie di imprese artigiane che si occupano di tutto, dalle fondazioni alla copertura. Quando l'impresa edile fallisce, di fatto si è esposta solo per una percentuale minima del costo complessivo della costruzione. Ad esporsi con capitali propri sono state le imprese artigiane, che hanno ricevuto nel migliore dei casi degli acconti e che, arrivate a questo punto, non hanno più alcuna speranza di rientrare con le spese sostenute.

Il governo, preso com'è dalla riforma del lavoro, ovviamente non si occupa di queste bagatelle, ma anche le associazioni di categoria, da Confartigianato a CNA, non hanno fino ad ora dato segnali di particolare preoccupazione. Sembrano più preoccupati i commercialisti e gli avvocati, i quali, dato anche il loro diretto coinvolgimento, hanno ripetutamente denunciato la gravità della situazione e l'inadeguatezza delle norme.

 

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