Colpisce il 60% del suolo italiano. E il ruolo degli agricoltori è fondamentale per combatterla. Intervista a Giuseppe Scarascia, del Cra - Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura.





Non che il deserto stia davvero avanzando in Italia (in questo caso si parlerebbe di desertizzazione, uno spettro fortunatamente ancora molto lontano). Ma per desertificazione si intende un complesso insieme di processi di degradazione del suolo e di perdita delle sue funzionalità, e questo ci riguarda molto più da vicino.

In quanto Paese mediterraneo l'Italia, e in particolare le Regioni del Centro Sud, è infatti a forte rischio: secondo un indice elaborato dal Cra – Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, circa il 60% del territorio nazionale è a forte o medio rischio di desertificazione, con conseguente rischio di impoverimento del suolo e rischi idrogeologici.

Coltivazioni e foreste, infatti, coprono circa il 70-80% del territorio nazionale e sono pertanto in prima linea per contrastare il fenomeno della desertificazione. Ma come?

L'erosione si combatte anche con un rimedio molto semplice, sul quale già i nostri nonni, a ragione, facevano affidamento: la creazione di aree verdi permanenti (siepi, chiazze di alberi o di arbusti), soprattutto nelle zone più in pendenza e quindi più a rischio.

"In Italia – ricorda Scarascia - sono ancora troppo poco usate, nonostante nei Psr ci siano misure di incentivazione per l'agrosilvicoltura". Senza dimenticare che l'inserimento di fasce arboree o arbustive tra le coltivazioni, tra l'altro, genera a cascata una serie di benefici per l'agricoltore: oltre alla protezione del suolo grazie alle radici, arricchiscono la biodiversità dell'ecosistema locale, migliorano la fertilità del suolo e possono essere usati come fonti di biomassa.

Il coinvolgimento degli agricoltori è fondamentale: sono loro in prima fila nella gestione del suolo e sono sempre loro a subire le primissime conseguenze quando qualcosa inizia a non funzionare più.

"Oggi – continua Scarascia – facciamo cose impensabili anche solo 20 o 30 anni fa. Le competenze si sviluppano a un ritmo fantastico. Il problema è che vengono usate in modo scarso e, soprattutto, scoordinato. Le Regioni non solo non riescono a dialogare tra di loro, ma neppure con lo Stato centrale".

La desertificazione:  i fattori di rischio

• Erosione

Secondo i dati del Cra, più della metà del territorio italiano (il 60%) presenta un'elevata sensibilità all'erosione, con perdite di oltre 50 tonnellate di terreno, soprattutto agricolo, all'anno. Tradotto, alcuni millimetri "svaniti" ogni anno. A sua volta, l'erosione scatena una serie di criticità che confluiscono ad accrescere il rischio idrogeologico: alluvioni, inondazioni di corsi d'acqua che devastano infrastrutture civili e agricole e mettono a rischio anche l'incolumità delle persone. L'origine di queste criticità è ovviamente nei territori montani e collinari, spesso sentiti come "distanti" dai campi coltivati, ma basti pensare, come ricorda Scarascia, che il 70% del territorio italiano è in pendenza.

• Cementificazione e conseguente impermeabilizzazione del suolo

"Purtroppo non ci sono dati ufficiali, si può solo parlare di stime - dice Scarascia - Secondo di dati di Wwf e Legambiente, sono 2 o 3 milioni gli ettari persi negli ultimi 20 anni. Vero, le stime sono probabilmente al rialzo; ma nondimeno forniscono un quadro piuttosto chiaro della situazione

• Perdita di vegetazione per incendi

Ogni anni 50mila ettari di bosco vanno letteralmente in fumo. Un problema che si traduce in perdita di fertilità del suolo e mancata capacità di produrre "servizi ambientali" (immagazzinare carbonio, per esempio), oltre che aumentare il rischio erosione

• Salinizzazione

Una delle principali causa del calo della produttività agricola. "In Regioni come Puglia e Sardegna - ricorda Scarascia - molte falde sono ormai diventate salmastre".

• Inquinamento del suolo

In tutta Italia si contano migliaia di siti industriali e urbani che hanno riversato sostanze chimiche, metalli pesanti e composti organici inquinanti nelle terre, sottraendole alle coltivazioni.

• Riscaldamento globale in atto

Altro che oro e petrolio.

Sempre di più terra e acqua si stanno rivelando, nello scacchiere geopolitico internazionale, i due beni fondamentali per l'umanità. Sono questi i due elementi che garantiscono la produzione di cibo e, secondariamente, di biomassa per energia. Perché, si sa, il petrolio non si mangia.

"L'agricoltura non può non crescere – dice Scarascia – ma sfruttare il suolo senza curarlo è un suicidio. La politica italiana non se ne rende conto ma bisogna fare qualcosa per contrastare la desertificazione, e bisogna farlo subito. Oltre a coinvolgere gli agricoltori, come già detto, bisogna iniziare a monitorare la situazione e raccogliere dati. Secondariamente, ma non meno importante, aumentare e ottimizzare la gestione dell'acqua".

Secondo uno studio del Cra, infatti, il suolo ha perso, nel corso degli anni, la capacità di accumulare acqua. Le lavorazioni troppo frequenti hanno finito per "compattarlo" e ridurne la porosità. Risultato? Quando piove l'acqua non riesce a penetrare nella terra e finisce per scorrere via, con le tristemente note conseguenze legate all'erosione. Senza contare le alluvioni che spesso arrivano sulle prime pagine dei giornali, con vittime e milioni di danni. "Qui il cerchio si chiude – dice Scarascia – Come già detto, la soluzione sarebbe appunto tornare all'agricoltura conservativa".

"Un'altra cosa da fare – continua il ricercatore del Cra – è informare ed educare le persone, soprattutto le nuove generazioni che un domani non troppo lontano avranno in gestione il suolo e le sue risorse: la gente non può non sapere".

La parola chiave è contestualizzare. Quasi ogni anno, in autunno o in primavera, il nostro territorio viene devastato da alluvioni: non bisogna avere la memoria lunga per ricordare i grandi disastri di Veneto (2010) - Liguria (2011), senza contare quelli per così dire "minori". Va bene la conta dei danni e delle vittime, ma questo, dice Scarascia, "può, anzi deve, essere l'occasione per raccontare che cosa sta dietro a questi fenomeni: l'erosione, il dissesto idrogeologico, i suoli che non riescono ad assorbire l'acqua. Perché non sono tragedie inevitabili, è bene che si sappia".

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