Gigi Aldrighetti, decano dei coltivatori biologici, ci racconta la sua esperienza.

Un uomo pacifico, ma non remissivo, partito da lontano e ancora in pista con la voglia e il gusto del proprio lavoro .

Anche la sua terra ha un nome antico: Gnirega, forse prima ancora Nirega, nomi che alludono a una terra arida, magra, al vegro.

Ancora giovane frequentò a Gargagnago la Scuola della Famiglia Rurale, che già negli anni settanta, sul modello delle scuole francesi, ebbe una grande parte nella preparazione teorica e pratica di molti giovani coltivatori della Valpolicella.

Gigi ricorda ancora molto bene i suoi insegnanti e le prime sperimentazioni sul campo. La sua innata curiosità si combinò con la competenza dei maestri e gli permise di capire anzitempo le grandi trasformazioni che avrebbero cambiato i connotati dell'agricoltura a cavallo degli anni settanta e ottanta. Le grandi compagnie americane stavano invadendo con i loro prodotti le nostre contrade costringendo l'agricoltura ad una condizione di dipendenza sempre maggiore dai prodotti chimici.

Ma già nei primi anni settanta c'era chi si rendeva conto che se i fitofarmaci risolvevano alcuni problemi, ne creavano sicuramente degli altri, forse anche più gravi, che avrebbero avuto bisogno, per essere contenuti, di ulteriori trattamenti, in una catena senza fine.

In altre parole rompevano un equilibrio creatosi nei secoli fra condizioni climatiche, tipo di terreno, varietà di viti, contesto ambientale.

Quando si usava in viticoltura solo rame e zolfo, c'era una situazione di sostanziale equilibrio tra i parassiti e loro antagonisti. Con l'ingresso massiccio della chimica sono diminuiti sia i parassiti che gli antagonisti, costringendo gli agricoltori ad una dipendenza cronica dai fitofarmaci. Molti esperti ormai sostengono che, a conti fatti, i fitofarmaci non si pagano, il loro costo non giustifica gli effetti prodotti. Soprattutto se teniamo conto che ormai nessuno punta più sulla quantità.

Ai nostri giorni tutti i vini di qualità hanno adottato rigidi disciplinari che tendono a limitarne la produzione. Nel Valpolicella doc il disciplinare limita la raccolta a 120 q.li per ettaro.

Il problema è che in questi decenni gli agricoltori hanno disimparato tutto quel patrimonio di conoscenze che prima permettevano loro di intervenire al momento giusto, nella maniera giusta.

Gigi racconta un detto ancora oggi valido: la Peronospora parte quando si combinano queste tre condizioni: 10 cm di acqua, 10 cm di pollone nuovo, 10° di temperatura in più. Invece ai nostri giorni un sms sul cellulare indica al viticoltore cosa e quanto spruzzare di volta in volta. Gli informatori, che poi altro non sono che venditori al soldo delle varie industrie chimiche, hanno sostituito nella testa dei contadini lo spazio che prima era occupato da un sapere accumulato in centinaia di anni.

Gigi Aldrighetti ha continuato a coltivare le vigne e a fare il vino senza ricorrere alla chimica e il prodotto finale gli dà ampiamente ragione. Ancora ai nostri giorni, con tre chili e mezzo di rame per ettaro e qualche manciata di zolfo, riesce a fare un ottimo vino, senza avvelenarci. Non solo, ma, nei periodi in cui le condizioni sono più favorevoli, sostituisce il rame con un prodotto biologico a base di argille acide, il Mycosin, oppure tratta la tignola col Bacillus Thuringiensis, che è un batterio in grado di paralizzare alcuni insetti parassiti. Non c' è bisogno di dire che lo stallatico sostituisce tutti i coadiuvanti chimici e che i filari a spalliera sono rimasti tutti al loro posto sui vecchi mureti.

"Il vino buono si fa con le vigne piantate quindici anni prima".

E naturalmente la musica non cambia in cantina: uva sana, poco bisolfito e travasi al momento giusto. Nient' altro!

Ma le cose non si capiscono senza pagarne il prezzo e Gigi Aldrighetti non si è mai tirato indietro, neanche quando nel '78 si trattò di occupare La Grola e di far partire la gloriosa esperienza della Cooperativa 8 marzo. Anni di fatica e di entusiasmo, di sperimentazioni e di grandi risultati, anche da un punto di vista economico.

In collegamento con le più importanti realtà a livello sia nazionale che europeo, partecipò a quel movimento che nei primi anni '90 definì il protocollo dei prodotti biologici. Adesso sembra tutto scontato e il mercato del biologico viaggia sui grandi numeri, ma venti anni fa' c' era solo un manipolo di persone piene di buona volontà e di passione, spesso prive di risorse economiche e guardate con sufficienza dai propri colleghi.

Colleghi che adesso piantano anche 6000 vigne per ettaro in filari bassi adatti ad essere lavorati con le macchine, spianando le colline e demolendo le marogne che per centinaia di anni hanno trattenuto la terra sui pendii e creato le condizioni indispensabili per ottenere il prodotto di qualità che ha creato la fortuna di tutto il nostro territorio.

Eppure il volto sorridente e pacifico di Gigi Aldrighetti ci fa ancora sperare per il futuro.

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