Mentre le ricche città del nordest si riempiono di inutili e pericolosi macchinoni, chi li costruisce ha già iniziato lo smantellamento dei siti produttivi.

La notizia: l'amministratore delegato della General Motors, Rick Wagoner (nomen-omen, evidentemente) ha annunciato la chiusura di quattro stabilimenti che producono SUV, in Canada, USA e Messico.

Chiusura, non riduzione della produzione, esternalizzazione o altre belle parole da industria auto-motive. Significa che, almeno da quelle parti, i SUV non verranno più prodotti.

Wagoner sostiene che questa strategia ha "natura più strutturale che ciclica", cioè non si tratta di una crisi del gruppo GM, ma di un ripensamento globale sul tema della mobilità. Da buon manager, ovviamente, rifiuta di parlare di problemi interni al suo orticello, e  cerca piuttosto alibi all'esterno. Ma le sue parole hanno lo stesso un peso.

La crisi del petrolio è ormai in atto (anche se aspettiamo novembre per leggerlo sulla stampa mainstream) e il pianeta si sbarazza dei SUV, uno dei più evidenti controsensi tecnologici della storia umana.

Tutto ciò appare un palliativo più che un  cambiamento strutturale: tra breve anche far andare un'utilitaria a metano sarà un problema. Ma è comunque un segnale, e noi, da cronisti diligenti, annotiamo.

Speriamo lo annotino anche gli acquirenti di automobili, che stanno trasformando le nostre ricche città in parcheggi per orrendi bussolotti di latta dalle dimensioni inquietanti.

Anche sul fronte marketing-comunicazione l'ideologia del SUV sembra segnare il passo: General Motors sta pensando di affossare il marchio Hummer, simbolo di una mobilità sì insostenibile, ma anche molto macho e e guerrafondaia. Di questi tempi, meglio tenere un profilo un po' più basso...

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