Chi è stato? L'Arena ha interrogato i dirigenti delle associazioni dei cacciatori e della polizia provinciale.
Le risposte sono contraddittorie e poco credibili.
In un articolo pubblicato il 17 aprile, il bravo giornalista interroga Dario Corradi, cacciatore di Torri, fino ad alcuni anni fa rappresentante della categoria del suo paese e consigliere provinciale della Anuu, l'Associazione dei migratoristi italiani, che poi altro non sono che comuni cacciatori sotto mentite spoglie.Corradi sbotta infastidito: "Cose come queste gettano discredito sull'intera categoria dei cacciatori, ma questo è un atto di bracconaggio, i cacciatori non c'entrano. Un vero cacciatore non avrebbe mai lasciato un cinghiale a marcire, ma avrebbe consumato o venduto la carne. Sono indignato" continua. "La cosa triste è che nell'ambito dei cacciatori si sa sicuramente chi possa avere fatto una cosa del genere perché chi fa cose così sono sempre gli stessi, da anni. Se non si sa il nome, si sa comunque a quale "gruppo" di persone appartiene. Spero quindi che si possa fare chiarezza sull'accaduto, anche se sarà difficile", prosegue, "visto che, in questo ambito, non manca l'omertà".
L'indignazione del cacciatore è comprensibile, come anche il tentativo di accreditare l'intera categoria dei cacciatori come persone civili, educate e rispettose dell'ambiente.
Nello stesso articolo il giornalista interroga anche la dirigente della polizia provinciale, la quale accenna ad un fatto precedente, il ritrovamento nella stessa zona di un cinghiale trovato morto, a cui erano state asportate le zanne.
Anna Maggio tenta una spiegazione piuttosto arzigogolata.
"Sicuramente", ha spiegato il numero uno degli agenti provinciali, "il prelievo delle zanne è opera dell'uomo, ma non è possibile stabilire le cause del decesso del cinghiale. Il foro sul dorso dell'animale", ha commentato, "sembra troppo grande per essere una fucilata e, inoltre, non si evidenziano tracce ematiche né sul pelo, né a terra. La posizione della testa in mezzo agli alberi denota invece l'intento di immobilizzarla per poter tagliare le zanne. Comunque non è opera di un cacciatore o di un bracconiere", è il suo ragionamento, "perché, la preda ha anche un discreto valore commerciale e le zanne non costituiscono trofeo".
La versione della dirigente è reticente e fa pensare che la Maggio non voglia dire quello che sa. Resta il fatto che il cinghiale è stato immobilizzato fra 2 alberi e che gli sono state asportate le zanne, non sappiamo se da vivo o da morto.
Stamattina L'Arena ritorna sull'argomento intervistando Diego Prandini, presidente del comprensorio alpino di caccia di Malcesine. La versione di Prandini contrasta apertamente con l'indignazione del suo collega Corradi.
"Un cacciatore, autorizzato, ha provveduto a tenere le teste dei due animali ritrovati senza vita con il corpo in avanzato stato di decomposizione", spiega Prandini. "Le teste sono state pulite ed è stato mantenuto il cranio. I due teschi serviranno nel momento in cui verranno eseguiti i censimenti del numero di esemplari presenti sul Baldo. L'operazione verrà effettuata tra poche settimane". "Da quel conteggio", precisa il presidente dei cacciatori malcesinesi, "verrà calcolato anche il numero massimo di camosci che si potranno cacciare. Da quella cifra verranno "scalati" i due animali rinvenuti nella malga. Comunque sulla vicenda", assicura Prandini, "è stata avvisata la stessa Provincia che ci ha dato il via libera"
Se il racconto di Prandini corrisponde al vero, la dirigente della polizia provinciale doveva essere al corrente dell'iniziativa dei cacciatori di Malcesine e i cacciatori di Malcesine, compreso il loro presidente, erano d'accordo che i cadaveri dei due camosci decollati restassero a marcire nelle vasche di cemento.
Decisione che semina forti dubbi sull'educazione, la civiltà e il rispetto per l'ambiente dei cacciatori.
Nell'articolo viene riportata un'altra dichiarazione del presidente del comprensorio di caccia che lascia molto perplessi. Secondo Prandini le due bestiole sono cadute accidentalmente nei vasconi, da cui è quasi impossibile uscire, essendo presente una parete di cemento alta almeno un paio di metri, liscia e scivolosa.
E' noto che i camosci sono abituati a muoversi agevolmente su pareti quasi verticali. Perchè due giovani camosci avrebbero dovuto cadere da soli dentro ad una vasca di questo tipo?
C'è poi una evidente contraddizione tra il racconto di Prandini e il racconto di Gianluca Solera, il socio del WWF che ha fatto la segnalazione. G. Solera racconta di aver trovato i camosci decollati il 31 marzo, vale a dire 18 giorni fa, e documenta il ritrovamento con due foto sufficientemente chiare per farci capire che il collo mozzato dei camosci era ancora di un bel rosso vivo . Chi ha reso noto il ritrovamento ha parlato di "sangue che colava ancora dal collo, segato di netto". e non di "cadaveri in avanzato stato di decomposizione", come racconta Prandini.