Non nascondiamocelo: il virus si batte se rinunciamo in blocco alla nostra privacy. Ne vale la pena, ora. Ma dopo, sarà possibile tornare indietro?

In Unione Europea e in Italia la tracciatura della popolazione è lenta e difficoltosa. Ma i dati sono già a disposizione delle autorità, basta solo trovare la scappatoia legale.

È noto che Corea del Sud, Singapore e, in parte, Cina hanno combattuto il Covid-19 con un'app per tracciare i positivi e ricostruirne movimenti e interazioni. Questo fatto, a noi nemici incalliti della Bestia, l'ente che si nutre dei nostri dati per arricchire smodatamente ai nostri danni, crea qualche inquietudine: per la prima volta vediamo un'applicazione utile del furto dei dati.

La tentazione è che anche Italia ed Unione Europea facciano lo stesso. Fonti governative ammettono che l'ipotesi è allo studio, ma implicherebbe uno strappo importante alle regole sulla tutela della privacy. Visto che tecnicamente il processo è ampiamente alla portata, più che la fattibilità tecnica, occorre fare una valutazione politica e giuridica, giustificata dall'emergenza.

Il tracciamento degli utenti per contenere l'epidemia del coronavirus si può fare in tre modi: con gli operatori di telefonia mobile, con le app, oppure chiedendo dati ai big della tecnologia come Google o Apple. Le potenze asiatiche di cui abbiamo detto hanno scelto la terza via, facilitate dal fatto che loro, le equivalenti di Google e Apple ce le avevano in casa.

Ciascuno di questi modi ha vantaggi e svantaggi.

1. Il monitoraggio con le celle telefoniche, un sistema molto più rustico di quello adottabile e adottato in Corea, è stato attivato in Lombardia. Il problema è che le celle telefoniche hanno una precisione molto inferiore a quella ricavabile da un'app. Non serve a niente, se non a lamentarsi che tutti sono ancora in giro.

2. La via intermedia è installare delle app sugli smartphone su base volontaria. L'app può utilizzare gli stessi strumenti che usano Google, e Apple, che possono incrociare i dati del posizionamento gps con quelli delle reti wifi, che notoriamente sono mappate e costantemente aggiornate su tutto il mondo. Sarebbe possibile tracciare con estrema precisione ogni possessore di smartphone e tutti i suoi contatti. Un grande fratello in versione volontaria ed entusiasta. Una cosa tipo Facebook.

L'applicazione permetterebbe non solo di valutare chi meriti di sottoporsi al tampone, ma anche la possibilità di punire i cittadini che non rispettano i divieti di uscire da casa.

Solo vantaggi, dunque? No: l'esperienza dimostra che, per tracciare centinaia o migliaia di persone bisogna obbligarle a installare l'app e dare il consenso. Questo significa che occorre la disponibilità dell'utente a installarla e farsi localizzare. E sappiamo che anche le applicazioni più popolari ci mettono mesi per raggiungere una massa accettabile. Figuriamoci quando serve mappare tutti, come in questo caso.

Gli sviluppatori di app si sono comunque sono scatenati, alla ricerca del soldo facile, dovuto a possibili commesse statali importanti. Provate a vedere quanti progetti marcati come covid-19 ci sono su google play.

Queste app hanno in comune il fatto che, a partire da dati georeferenziati, individuano movimenti e interazioni delle persone, incrociando il loro diario clinico come l'insorgenza della febbre e altri sintomi, per individuare un eventuale focolaio. Gli smartphone sono una grande banca dati distribuita in cui ciascuno gestisce i propri dati, e basta solo dare il consenso a essere incrociati in caso di necessità. Un consenso che, abbiamo detto, pare difficile da ottenere da parte di un numero sufficiente di persone.

3.
La soluzione più ovvia e semplice è dunque chiedere i dati ai colossi del web. Loro, il consenso ce l'hanno già estorto al momento della prima accensione del nostro telefonino (esentati solo i sistemi liberi, tipo LineageOS), e quindi non hanno bisogno di niente per estrarre ogni secondo tutto quanto possono, da chi possiede uno smartphone. Cosa che puntualmente fanno, compresi il posizionamento e i contatti con le altre persone. Un ulteriore vantaggio è che questi colossi sono in grado di fornire alle autorità sanitarie dati già digeriti dalle loro intelligenze artificiali.

Ma questa strada è giuridicamente più complessa: deve essere stabilita una finalità ed è necessario un provvedimento legislativo. Non è possibile obbligare Apple, Google o altre società tecnologiche, che fanno capo a un paese straniero, a dare i dati, per cui è necessario scendere a patti con loro. Il che, in un momento come questo di aperto contenzioso fiscale (a livello di singole nazioni ma anche di UE) è affare dannatamente complicato. Vorrebbe dire rinunciare a miliardi di euro di possibili entrate fiscali.

La situazione in UE è diversa da quella che caratterizza i paesi asiatici, che hanno giurisdizione sulle aziende (asiatiche) che detengono questi dati. Inoltre, da quelle parti, l'attenzione alla privacy è ben minore di quella che caratterizza l'Unione Europea. Il Garante della Privacy, Antonello Soro, è per questo molto scettico: "Le esperienze coreana e cinese sono maturate in ordinamenti con scarsa attenzione per le libertà individuali."

Da parte UE, dunque, chiedere questi dati sarebbe estremamente imbarazzante. Il regolamento GDPR proibisce in modo netto che questi dati siano raccolti. Nessuno avrebbe potuto prelevarli, elaborarli, stoccarli in qualche server d'oltreoceano. Noi sappiamo che ci sono, ma non dovrebbero esistere proprio. Chiederli e ottenerli significherebbe ammettere di essere stati presi per il naso da queste aziende.

Qualunque sia la strada scelta, occorre in ogni caso derogare alle leggi esistenti. Tracciare le persone, legalmente, da noi non si può fare, a meno di provvedimenti giudiziari appositi, come nel caso di rapimenti o indagini. E la tracciatura di massa non è mai stata presa in considerazione.

Ma siamo in emergenza, e le autorità sanitarie e governative potrebbero stabilire che hanno bisogno di questi dati. E lo faranno. La domanda che ci poniamo è: il potere saprà rinunciare a questo controllo, una volta esaurita la fase emergenziale?

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