Considerazioni macro-economiche su una risorsa energetica che fa acqua da tutte le parti, non solo in ambito ambientale.

La proposta di ritorno al nucleare ha il suo fondamento su un postulato, sbandierato dall'on. Casini, che ne ha fatto una crociata, che ora è seguita  anche da Berlusconi, con qualche interlocutore interessato nel Partito Democratico. 

Il postulato consiste nella leggenda per la quale l'Italia senza il nucleare è soggetta al dominio energetico altrui. Essi  citano il caso della Francia che vende all'Italia tale energia, che invece potremmo produrre noi. 

Ma i nuovi predicatori autarchici non dicono che l'uranio (il materiale con cui si realizza l'energia nucleare) l'Italia non lo produce, non dicono che a controllare l'uranio sono le stesse multinazionali anglo americane che oggi controllano il petrolio.

Oltre ai problemi di sicurezza e a eventuali catastrofi naturali, ai problemi del rischio delle scorie radioattive, c'è anche questo problema di carattere economico:  l'Italia sarebbe  dipendente di chi controlla la tecnologia per costruire le centrali, di chi controlla l'estrazione e la produzione dell'uranio. E questi potrebbero alzare a piacimento il prezzo.

Infine,  l'uranio, come il petrolio, è un prodotto della natura  che può rapidamente esaurirsi.  E allora altroché indipendenza e soluzione dei problemi energetici.

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