L'aritmetica ci aiuta ad affrontare razionalmente l'attentato di Barcellona. Come combattere il terrorismo daesh-salviniano.

Per battere il terrorismo islamico dovrebbe entrare in gioco l'Islam, nostro alleato e non nemico.

L'Islam è un religione di pace. Le sue rivelazioni, Torah, Vangelo e Corano differiscono da quelle cristiane solo per l'ultimo libro, che è tutto tranne che un inno alla guerra. La stessa radice della parola Islam è Salam, pace. Affermare il contrario significa dare più risalto a un numero esiguo di violenti fanatici rispetto a miliardi di pacifici praticanti in tutto il mondo.

Ma l'emozione è forte, e la psicosi dilaga. È opinione comune che i mussulmani siano un popolo che non è possibile integrare, che è culturalmente troppo distante da noi, che ci vuole male, che ci vuole uccidere. Alcuni politici senza scrupoli speculano su questo sentimento istintivo, mettendo nello stesso calderone immigrazione, religione, crimine e terrorismo.

Contro il pericolo della psicosi, l'aritmetica ci può aiutare a distinguere il sacrosanto sentimento di dolore per le vittime del terrorismo, dall'ingiustificata preoccupazione per la nostra incolumità.

In Italia nel 2015 ci sono stati 3428 morti per incidenti stradali, dal 2010 oscilliamo tra i 3300 e i 4100 l'anno. Vittime del terrorismo: zero, se escludiamo qualche italiano perito in vari attentati fuori Italia.

Un ragazzo ucciso di botte in discoteca vigliaccamente e per futili motivi fa giustamente impressione. Ma se, invece di sconsigliare ai nostri figli di andare in discoteca, consigliassimo loro di andarci in navetta, invece che in auto, diminuiremmo la probabilità di perderli di circa 3500 volte. Perché questo è il triste dato: morti all'anno in incidenti stradali = 3500, morti per risse in discoteca = 1. Al riparo dalle emozioni suscitate dal barbaro omicidio in discoteca, questi sono i numeri.

Utilizzando lo stesso metro, è giusto scandalizzarsi e indignarsi per i quindici morti e i tanti feriti di Barcellona, unirsi ai parenti delle vittime nel dolore e nella solidarietà, ma prima di farsi prendere dalla psicosi salviniana e temere per l'incolumità propria e (addirittura) dell'occidente e della cristianità, è meglio dare un'occhiata ai numeri.

I mussulmani nel mondo sono almeno un miliardo e ottocentomila (stima per difetto). Se dovessimo pensare che ciascuno di loro fosse un pericolo, saremmo inguaiati. In Unione Europea ci sono 16 milioni di praticanti, ma solo 4000 di loro sono diventati 'foreign fighters'. Non possiamo prenderli tutti per buoni: molti lo fanno per soldi o per trovare l'identità e il ruolo che hanno smarrito. La conversione arriva dopo, una volta addestrati nei paesi dove si combatte. Ma anche contandoli tutti, il rapporto è 1 a 4000. Detto in maniera semplicistica, a ogni fanatico islamista corrispondono 3999 brave persone che praticano la stessa religione.

Anche un piccolo salto nel passato ci può aiutare nei conti. Oggi quando si parla di terrorismo ci si riferisce alla Jihad, al Qaeda e Daesh. Negli anni 70 invece ci si riferiva essenzialmente alle Brigate Rosse. I rapporti numerici erano più o meno gli stessi: gli iscritti al PCI in quegli anni erano attorno ai 2 milioni, mentre le Brigate Rosse potevano contare su qualche centinaio di persone, compresi dormienti e fiancheggiatori. Il rapporto rimane 1 su qualche migliaio (circa 4000, come per i terroristi mussulmani).

Grazie all'azione dei politici di allora, il tessuto sociale che stava attorno alle Brigate Rosse si dissociò da loro, isolandole. Il culmine fu toccato quando Berlinguer si rifiutò di trattare il rilascio di Moro. Il povero Moro ne pagò le conseguenze, ma la distinzione, anzi l'aperto conflitto, tra PCI e Brigate Rosse fu reso evidente.

Sarebbe stato facile per gli avversari del PCI strumentalizzare le BR per demonizzare il PCI, ma i politici di allora erano molto diversi da Salvini &C. Così, attraverso lo strumento della solidarietà nazionale, le BR furono sconfitte.

Ecco la lezione che i politici di tutto il mondo dovrebbero trarre dal nostro passato. Se vogliamo averla vinta contro questo terrorismo, dobbiamo essere amici dei mussulmani, non guardarli con diffidenza, capire che la pace è l'interesse comune. La guerra contro il terrorismo islamico dovrebbe avere come protagonisti gli islamici stessi. Dovrebbero essere loro gli occhi e le orecchie del mondo, in cerca di ragazzi sbandati, di imam deviati, scovarli, aiutarli, portarli alla ragione, prima che sia troppo tardi, e solo in questo caso segnalarli alla giustizia.

Attenzione: non ho parlato di Islam moderato (vedi In difesa dell'integralismo): per quanto contrario alle religioni, credo che ognuno abbia diritto di aderire a una religione con il grado che preferisce. Se è vero che l'Islam è una religione di pace, l'islamico integralista non sarà violento, ma molto pacifico.