Poche cose al mondo hanno la capacità di modificare l'aspetto del paesaggio come la neve. E' un vero peccato che il manto bianco sia sempre più sottile e sempre più raro, ma forse è giusto così: i bambini di adesso non ci giocherebbero comunque e per gli adulti tecnologici sarebbe solo un fastidio. Due bei libri la raccontano.

Mario Rigoni Stern in Sentieri sotto la neve racconta:

"Ho tante nevi nella memoria: nevi di slavine, nevi di alte quote, nevi di montagne albanesi, di steppe russe, di lande polacche. Ma non di queste intendo parlare; dirò di come le nevi  un tempo venivano indicate dalle mie parti: nevi dai più nomi, nevi d'antan, non considerate nei bollettini delle stazioni degli sport invernali.

Brüskalan era la prima neve dell'inverno, quella vera. Nevicava, nevicava, anche a ottobre e a novembre, ma la neve autunnale è una neve fiacca, flaccida, che interrompe il pascolo alle vacche sui prati falciati a settembre e il lavoro del bosco quando il terreno non è ancora gelato.  Ricordo il fastidio che dava, il giorno dei Morti, quando le ghirlande di latta e le felci vere del bosco sgocciolavano neve sulle tombe ripulite; e quando nel bosco non ancora del tutto spoglio si andava al taglio del faggio: come malvolentieri si lavorava con le mani che gelavano, e come la neve si attaccava agli scarponi. E' così che ho imparato che la neve fradicia raggela più di quella farinosa.

Ma quando Brüskalanava era diverso. Il terreno dopo l'estate di San Martino era ben gelato e risuonava sotto le scarpe chiodate. Lo si sentiva nell'aria l'odore della prima neve: un odore pulito, leggero; più buono e grato di quello della nebbia. Di quella nebbia sana, intendo, che veniva una o due volte all'anno al tempo del passo delle allodole.

Brüskalan sneealama".

La neve è anche il titolo di un bel libro scritto da Maxence Fermine, un interessante scrittore francese che con la neve intreccia una storia fantastica ambientata sulle montagne del Giappone.