Interessante libro di Marco Revelli, che affronta uno dei nodi più importanti della nostra cultura.

Mi è capitato tra le mani una riflessione sulla politica perduta in quanto ormai persa e naufragata ma anche da recuperare e da fare propria come modello di comportamento, di tolleranza e di sguardo verso gli altri.

Tra i meandri non sempre facili delle parole, dei concetti di Marco Revelli, docente di Scienza della politica presso l'università del Piemonte Orientale, espressi in "La politica perduta", un pensiero corre sempre battente, incessante e inevitabile: la rinuncia all' enfasi sui mezzi di potenza.

Per uscire dalla crisi globale da cui siamo incapsulati e ostaggi occorre un'idea forte di abbassamento, una rinuncia al potere visto come potenza, verticalità onnipotente, dominante il mondo, i pensieri, le volontà d'azione; una guerriera in lotta contro il male, depositaria di sicurezza, pace e ordine.

Nel nostro tempo questa ideologia non ha più senso, è franato un sistema che è diventato a sua volta male, custode dell'insicurezza, della guerra e del disordine.

Alla radice c'è una questione di sguardi. La nostra futura città planetaria deve cominciare dalla consapevolezza dell'internalità dell'altro. Si tratta di cominciare a guardare l'altro, cioè a vederlo, percepirlo, accorgersi che esiste. Soprattutto imparare a guardare noi stessi con gli occhi dell'Altro (dopo secoli in cui abbiamo costretto gli altri a guardare se stessi con i nostri occhi).

Se vedi l'altro, lo senti in quanto parte di un tutto, di un noi, allora

la domanda di giustizia è inevitabilemente prima della politica… nessuna politica può essere considerata conforme a giustizia se il perseguimento del suo fine comporta il prezzo dell'ingiustiza, del male causato all'innocente. Una giustizia riconciliativa implicante l'esistenza di un legame, di un nodo da riallacciare.

Anche perché non c'è più Dio che ci guarda dall'alto e ci protegge. La teologia contemporanea ha sperimentato e vissuto anch'essa un abbassamento, una rinuncia all'onnipotenza. Un Dio che ha abdicato ed è ostaggio degli uomini, del potere degli uomini, tutto fatto in nome di Dio, perché Dio lo vuole. Dopo Auschwitz è rinunciataria, è venuta meno un'idea verticale di Dio, dove Giobbe, retto e fedele servitore di Jahweh, di fronte al perché del male non trova risposte dal suo stesso Dio. Giobbe afferma allora il "principio di responsabilità" dell'uomo tra gli uomini al cospetto di un mondo la cui salvezza dipende ormai solo ed esclusivamente da lui, congedando così definitivamente una concezione del divino basato sulla forza, sulla potenza. Non possono più esistere Davide e Golia nemici, ma Davide e Golia alleati contro multinazionali di livello globale e contro governi nazionali. Pensieri e movimenti, quindi in orizzontale, più adeguati al mondo nuovo, alla nascita della seconda modernità, più infra e non supra, una ricostruzione dal basso, dalla relazione. Ci vorrà tempo, ma è certo che se la politica è un male necessario alla sopravvivenza dell'umanità, allora essa ha davvero iniziato a togliersi di mezzo, in quanto il suo senso si è capovolto in insensatezza. Orizzontalità e relazione sono forse l'unica scommessa rimasta agli uomini da giocarsi: ultima partita per dare un senso al mondo.

Sabrina Baldanza

Marco Revelli La politica perduta (Einaudi, Torino, 2003), pp. 137, € 7,00.

Altre pubblicazioni: Le due destre (Bollati Boringhieri, Torino, 1996, La sinistra sociale, 1998 e Oltre il Novecento (Einaudi, Torino, 2001).