Michele Serra ha lanciato un appello per una manifestazione in favore dell’Europa. Ci sarebbe da piangere, se non ci fosse, soprattutto, da ridere.

È così grottesco da sembrare quasi una barzelletta. Celebrare l'Europa? Quella stessa Europa che ha costruito il suo impero sul colonialismo, che ha fomentato guerre e che ora si veste da paladina della pace mentre vende armi a destra e a manca? Ma certo, facciamo una bella festa! Magari con fuochi d’artificio fatti con i missili inviati in Ucraina.

Serra e i suoi sostenitori sembrano aver dimenticato che l’Europa non è nata ieri. È nata sulle spalle di popoli oppressi, sulle risorse rubate, sulle culture distrutte. Il colonialismo europeo è stato un gigantesco saccheggio globale, e oggi ci ritroviamo a celebrare un continente che si è arricchito grazie alla schiavitù e al genocidio. Che ironia, no? L’Europa che si vanta di essere un faro di civiltà, mentre nasconde scheletri nell’armadio che farebbero impallidire anche il più cinico dei dittatori.

La storia recente è meno cruenta, ma l'amore per la bomba rimane. L'esempio è la guerra in Ucraina, il capolavoro dell’ipocrisia atlantista. Una guerra telefonata, prevedibile, piena di annunci evidentissimi, che si poteva evitare. E che, quindi, si doveva evitare.

L’Europa, invece di fare da mediatrice per la pace, ha deciso di giocare alla guerra, alimentando un'inutile escalation, e poi fingendo di scandalizzarsi per l'aggressione russa. Grave, imperdonabile, ma, come detto, evitabile. Risultato? Migliaia di morti, città distrutte e una crisi economica che ci sta facendo rivalutare il concetto di “austerity”.

Ma almeno abbiamo dimostrato di essere bravi a inviare armi! Che spettacolo. Serra e compagni dovrebbero organizzare un festival: “EuroArms Expo”, dove si celebrano i migliori produttori di missili e carri armati. Con tanto di stand gastronomici a base di polvere da sparo.

Il vero obiettivo di questa manifestazione è chiaro: giustificare la corsa agli armamenti. Mentre i cittadini europei faticano a pagare le bollette, i governi spendono miliardi in armi. Perché spendere in scuole quando puoi comprare bombe? Perché investire in welfare, sanità e istruzione quando puoi comprare un bel missile? Serra e i suoi amici sembrano pensare che la sicurezza si misuri in tonnellate di esplosivo. Ma la vera sicurezza è avere un tetto sulla testa, un lavoro dignitoso e un pianeta vivibile. Peccato che queste cose non siano redditizie per le lobby militari.

E poi c’è la questione energetica, che oggi significa solo una cosa: il nucleare. Ah, il nucleare! Quella fantastica idea che in Italia abbiamo già respinto due volte con i referendum. Ma in un’Europa unita, chi se ne frega della volontà popolare? Serra e i suoi sostenitori sembrano volerci riportare agli anni ’50, quando si credeva che l’atomo fosse il futuro. Peccato che Chernobyl e Fukushima ci abbiano ricordato che il futuro, con il nucleare, è più incerto del bilancio italiano. Ma va bene, facciamo finta di niente e costruiamo centrali nucleari ovunque. Tanto, se esplodono, possiamo sempre inviare i missili per distruggere i detriti radioattivi.

Alla fine, l’appello di Serra è l’ennesimo tentativo di farci credere che l’Europa sia qualcosa di più di un club di potenti che decidono per noi. Ma noi non ci stiamo. Non vogliamo lottare per un’Europa che opprime, che sfrutta, che fa la guerra. Non vogliamo celebrare un’entità che ha tradito i suoi stessi cittadini in nome del profitto e del potere.

E allora, invece di marciare per un’Europa che non esiste, perché non ridiamo un po’ di questa tragicommedia? Immaginiamoci Serra con un elmetto da generale, che guida una parata di carri armati mentre suona l’Inno alla Gioia. O una conferenza stampa della Commissione Europea in cui Ursula Von Der Leyen annuncia: “Abbiamo risolto la crisi energetica! Centrali nucleari in ogni giardino!”. È così assurdo che non si può fare a meno di riderci sopra.

Ma la risata, si sa, è spesso l’ultima difesa dei disperati. E mentre ridiamo, ricordiamoci che il vero cambiamento non verrà dall’Europa delle istituzioni, ma dalle persone che si organizzano dal basso, che lottano per un mondo senza oppressione, senza guerre, senza nucleare. Perché, alla fine, l’unica Europa che vale la pena costruire è quella che non esiste ancora: un’Europa senza confini, senza armi, senza padroni. E forse, un giorno, potremo riderci davvero sopra.

Per ora, accontentiamoci di ridere per non piangere.

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