Perché si vuole escludere dal dialogo gli integralisti islamici, e non semplicemente gli islamici violenti?

I fatti di Parigi hanno lasciato delle cicatrici indelebili nella nostra cultura: oltre al dolore per i morti ammazzati e al vigliacco attentato alla libertà di espressione (la viltà è evidente quando il carnefice è armato di Kalashnikov e la vittima inerme), ci tocca anche sorbirci le cazzate dei vari Le Pen, Salvini, Tosi, Ferrara, Santanchè, Gasparri, ecc.

Come a far da contraltare agli urlatori guerrafondai della destra più becera, il luogo comune dei benpensanti è il distinguo tra Islam moderato e integralismo islamico.  "Bisogna coltivare il dialogo con i moderati islamici, e isolare gli integralisti."

Questo refrain critica l'applicazione rigorosa dei precetti del Corano, che appaiono essere sopportabili solo se seguiti, appunto, "con moderazione".

Ci sono due spiegazioni per questa opinione. La prima è semplice e riguarda l'innato razzismo che queste parole celano: accettare solo posizioni moderate implica necessariamente un giudizio negativo nei confronti della dottrina islamica, che se seguita con un certo rigore risulterebbe inaccettabile.

Secondo questa visione gretta e fondamentalista, l'Islam è in sé cattivo, e al meglio potrebbe essere solo moderato. Questo significa ignorare che, come dice l'Imam Zeinah, "il messaggio dell'Islam è un messaggio di pace, concordia, solidarietà e coesione sociale. L'Islam è una religione all'insegna della misericordia, dell'amore e non della violenza."

Ma, al solito, per questo luogo comune c'è una spiegazione più sottile: distinguere tra integralisti e moderati evita la problematica distinzione tra violenti e nonviolenti. I terroristi che assalgono le redazioni di giornale con l'AK47 non sono necessariamente devoti o religiosi. Ma sono certamente dei violenti.

Perché l'occidente non se la prende con l'Islam violento, allora? Semplice: perché nella condanna alla violenza dovremmo comprendere i bombardamenti di Bush, i droni assassini e le kill-list di Obama, Guantanamo, l'invasione dell'Afghanistan, la guerra in Iraq e le operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza.

La caratteristica fondamentale del capitalismo sembra essere la moderazione, che non significa rinuncia alla violenza, anzi. L'occidentale non è troppo statalista, né troppo libertario, non troppo religioso, né troppo laico, ma non esita a usare la più insensata violenza per difendere, udite udite, il suo stile di vita.

Chi scrive è ateo da 30 anni, contrario a qualunque religione, convinto avversario delle regole imposte da qualunque culto, soprattutto nei confronti delle donne. Ma se dovessi malauguratamente scegliere di aderire a una religione, allora lo farei in maniera integrale, alla Francesco d'Assisi.

Di fronte allo strapotere di violenza e moderazione, siamo ostinatamente e orgogliosamente integralisti, come Gandhi, Mandela, .