In meno di trent'anni i grandi mammiferi selvatici hanno ripopolato la zona di esclusione di Chernobyl a livelli superiori a quelli dei parchi naturali limitrofi. Altro che radioattività: il vero nemico della natura si chiama umanità.

Noi non siamo il cervello, siamo il cancro della natura.

(Dave Foreman)


Paradossi. A quasi trent'anni dall'incidente di Chernobyl (1986) l'evacuazione permanente di 116.000 persone da una zona di 4.200 km quadrati ha generato involontariamente uno dei più grandi parchi naturali d'Europa. Ma la novità è ancor più paradossale: secondo una ricerca dell'università di Portsmouth, pubblicata su Current Biology, pare che la popolazione di grandi mammiferi sia oggi molto superiore a quella di prima dell'incidente.

Dal disastro nucleare del 1986 diversi studi si sono succeduti, evidenziando gli effetti letali delle radiazioni sulla fauna selvatica, anche se, occorre dirlo, in misura ben inferiore a quanto si era preventivato. Ma i dati empirici a lungo termine stanno mostrando l'assenza di influenze negative delle radiazioni sulla numerosità dei mammiferi. In altre parole, nonostante le ancora violente radiazioni presenti, i mammiferi stanno ripopolando la zona.

La zona di esclusione di Chernobyl mantiene un'abbondante comunità di mammiferi dopo quasi tre decenni di esposizione alle radiazioni croniche. Alci, caprioli, cervi e cinghiali hanno numeri paragonabili alle presenze dei loro simili nelle quattro riserve naturali della regione, mentre il lupo è presente in numero 7 volte superiore: questo fatto significa che gli abitanti dell'Est Europa non la pensano molto diversamente da Tosi, e praticano assiduamente la caccia al lupo ovunque, tranne che dove non possono entrare.

I casi sono due: o i disastri nucleari fanno bene, oppure per le popolazioni selvatiche la presenza dell'uomo è ancora più letale delle radiazioni. Se scartiamo a buon senso la prima ipotesi, non ci resta che constatare che l'umanità non è e non può essere il custode della natura come esorta papa Francesco, visto che ne è il principale nemico.

Quando pensiamo alle catastrofi nucleari pensiamo (anche) alla ferita inferta alla natura. In realtà l'ambiente naturale se ne frega degli isotopi radioattivi, e vi pone rimedio in poco tempo. Chernobyl è stato un disastro non per la natura, ma per l'umanità, o meglio per la concezione umano-centrica della vita. Se facciamo sparire gli umani, non c'è radiazione che tenga, e la natura riprende il suo corso, come queste splendide foto ci fanno soltanto intuire.

Il video qui sotto, girato da Danny Cooke, cameraman della CBS, in parte con un drone, mostra l'avanzata impetuosa della natura nei luoghi un tempo intensamente abitati e industrializzati, ora abbandonati dagli esseri umani.