La montagna veronese vista da un visitatore esterno: il Lupo Slavc, venuto a piedi dalla Slovenia.

Maledetta neve e maledetta la mia ambizione. Maschio Alfa, mi chiamano gli umani, ma non sanno cosa vuol dire star davanti a far la traccia. Sotto zero, al buio, tutti i santi giorni dell'autunno e dell'inverno.

Girovago con la testa piena di preoccupazioni: ho messo su famiglia da poco, la moglie e adesso due figli da mantenere. Con lo spettro della crisi: è finita la pacchia estiva quando potevamo far man bassa dei vitellini.

Gli allevatori? Quelli sì, hanno perso memoria di tutto. Mio nonno mi raccontava di quando gli uomini avevano preso a disboscare i monti. Cominciava a diventare dura per noi Lupi: scomparendo il bosco, scomparivano i cervi e i cinghiali, e noi non potevamo che rifarci su qualche umano. Ogni tanto.

Mio nonno mi raccontava di quella lavandaia dalla contrada Ba'. Vecchi ricordi. Altri ululati. Ma adesso assilla il presente. Da qualche anno mi sono trasferito nel Veronese, dalla Slovenia. Ebbene si, sono un sengalo, e proprio per questo magari sono ancora più malvisto.

Rassicuro subito il buon Marconi da Sant'Anna di Alfaedo: non mi hanno portato qui con i camion. Me la sono fatta tutta a zampe dalla Slovenia: Friuli, Trentino e poi Veneto. Con questi cuscinetti qua: non c'ho mica il SUV io e neanche le strade asfaltate che portano alle malghe.

Malvisto: adesso! Si, perché all'inizio ero stato accolto a braccia aperte. "Territorio maturo", lo definivano allora gli amministratori, in grado di accogliere me e il mio compare Orso. E giù brindisi e peana per un territorio devastato invece dalle cave e lasciato all'incuria, con le contrade abbandonate, le malghe a pezzi e i pascoli in completo degrado.

Poi io ho cominciato a fare il mio mestiere, l'unico che so fare e credo anche bene: il Lupo. Devo subito ringraziare gli amici cacciatori, sia della bassa che dell'alta Lessinia: la loro passione per i Cinghiali (e i Cervi di Malga Derocon!) lascia qualche avanzo anche per me e mi ha permesso di tirare avanti, soprattutto nei primi tempi, quelli dell'ambientamento.

Oddio, bisogna stare attenti a quei maialoni selvatici, ma fin che sono piccoli possono anche andare. Eccoli però subito lamentarsi, gli allevatori: i cinghiali non vanno bene perché rovinano i pascoli. Il lupo non va bene perché si mangia i vitelli.

E io cosa dovrei dire? Voi allevatori avete pagato le quote latte? In fin dei conti siete proprio come me: io sono figlio di un progetto LIFE e anche voi siete figli delle sovvenzioni della Comunità Europea. Non esistereste nemmeno voi, senza i finanziamenti da Bruxelles.

Qua, dagli entusiasmi iniziali, si è passati alle proposte, neanche tanto sottovoce, dell'abbattimento. Della mia famiglia! Pensateci, se non sono preoccupato. Perché gli ho toccato quattro vacche.

E che vacche poi? Mio nonno mi raccontava di vacchette striminzite; adesso sono quattro volte quelle delle vecchie storie. Sono delle macchine da latte, imbottite di steroidi e di antibiotici. Ma come sono gestite poi? Vengono a tutta velocità su nelle malghe per mungerle di mattina presto. Non dico di no, c'è del sacrificio. Ma poi sono abbandonate a sé stesse: non ci sono più i pastori di una volta; non ci sono più i cani a triplo collare pieno di punte; non vivono più su in malga.

Che si provino a stare solo una settimana all'aperto come me, a dormire sotto le stelle una gelida notte di dicembre! Mio nonno mi raccontava che noi in estate, in Lessinia, nemmeno ci facevamo vedere. E si che l'allevamento quassù è cominciato un bel po' di tempo fa.

Raramente capitavamo giù in inverno, quando imperversano furiose bufere. Ma era una lotta alla pari. Poi le armi degli umani si sono perfezionate. Adesso temo per la mia famiglia. Fosse rimasto qualcuno a difendermi.

Quelli del WWF? Ah, quelli sono in tutt'altre faccende affaccendati. Devo fidarmi solo di me stesso. Maschio Alfa.

MDO

Immagine da:

Lupi in corsa

Antonio Nicolini

Olio su tela