Lo stato di degrado ambientale dei nostri decantati paesaggi rurali è del tutto sconosciuto all'opinione pubblica. Questa è la premessa del documento recentemente inviato dal prof. Fabio Taffetani (Università Politecnica delle Marche - Ancona), alla commissione interministeriale a commento del Piano d'azione nazionale (PAN) sull'uso sostenibile dei pesticidi. Il testo completo del documento (vedi link a fine articolo) è decisamente interessante e rappresenta un'ottima occasione di approfondimento sul tema.

Tre principali carenze emergono dalla bozza del Piano d'azione per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari sulla base del Decreto Legislativo n. 150 del 14 agosto 2012 e possono essere così sinteticamente indicate:

1) Tutela ambientale e conservazione della biodiversità degli ecosistemi non considerata per gran parte del territorio ed esclusa per la maggioranza degli ecosistemi rurali;

2) Monitoraggio basato esclusivamente su indicatori riguardanti la presenza di residui nelle acque, senza nessuna misura riguardante gli effetti sulla biologia degli stessi, mentre andrebbero monitorati tutti gli ecosistemi interessati dall'uso di prodotti fitosanitari, non solo quelli legati agli ambienti umidi;

3) Profonde contraddizioni derivanti da un approccio indifferenziato verso gli usi a scopo produttivo rispetto a quelli mirati alla gestione ambientale.

1 - CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITA' E DEGLI ECOSISTEMI

Secondo quanto previsto nel DL n. 150 approvato il 14 agosto 2012, all' Art. 6. Piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, al comma 3, si afferma che gli obiettivi del Piano riguardano i seguenti settori:

a) la protezione degli utilizzatori dei prodotti fitosanitari e della popolazione interessata;

b) la tutela dei consumatori;

c) la salvaguardia dell'ambiente acquatico e delle acque potabili;

d) la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi.

Tuttavia l'articolato del decreto, prima, e lo stesso Piano d'azione (che ne costituisce la fase applicativa), dimenticano o considerano in forma assai incompleta il punto d degli obiettivi: la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi.

Misure da adottare proposte per quali ambienti?

Il DL 150/2012 fa riferimento agli articoli 14 (Misure specifiche per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile) e 15 (Riduzione dell'uso dei prodotti fitosanitari o dei rischi in aree specifiche), mentre la bozza del Piano d'azione esplica le misure attuative al Punto A.5, denominato "Misure specifiche per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari in aree specifiche (rete ferroviaria e stradale, aree frequentate dalla popolazione, aree naturali protette)".

Si può facilmente constatare (anche dai semplici titoli) quali sono i territori di intervento presi in considerazione:

- Ambienti acquatici

- Rete ferroviaria

- Rete stradale

- Aree frequentate dalla popolazione (aree verdi urbane)

- Aree naturali protette (Siti Natura 2000, Parchi e Riserve naturali)

Gli agroecosistemi o, per meglio dire, il paesaggio rurale (che costituisce la metà del territorio italiano direttamente interessata dalle pratiche di utilizzazione dei fitofarmaci) risultano praticamente esclusi sia dalle misure specifiche che da quelle per la riduzione del rischio.

Del tutto inadeguato è anche il riferimento (rigo 1281 e 1282) a:

- habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi terrestri;

- habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli altri impollinatori.

Troppo angusto e dispersivo è il primo riferimento, in quanto negli ambienti rurali solo raramente (anche per mancanza di conoscenze e di un accurato censimento) sono presenti e/o segnalati habitat della Direttiva (92/43/EEC); mentre troppo generico è il secondo criterio, il quale (se applicato in senso estensivo) coprirebbe l'intero territorio nazionale.

Mentre la tutela delle zone classificate a bosco è garantita ai sensi del decreto legislativo 227/2001 (pur nella diversa interpretazione assunta da ciascuna regione), l'enorme patrimonio di vegetazione erbacea e arbustiva ed arborea seminaturale che costituisce la vera rete ecologica delle fasce non produttive degli agroecosistemi (scarpate, terrazzi, praterie, margini erbosi, siepi, arbusteti, alberi isolati o in filari, boschetti strade di terra, aie delle case coloniche, aree calanchive, ecc.) non viene in alcun modo tutelato.

Documento completo:  CONTRIBUTO_al_PAN_da_UNIVPM