Nel carcere di Montorio la situazione è critica: la popolazione carceraria è 4 volte quella prevista e la Regione Veneto ha azzerato del tutto i fondi. Eppure qualcosa di buono è riuscito a nascere anche da questa catastrofe.

Che cos'è davvero il sovraffollamento, cominciano a capirlo i visitatori della cella, ricostruita in grandezza naturale, scala 1:1, quando l'associazione La Fraternità ha l'occasione di esporla inpubblico. Starci dentro non è come a dirlo, due letti a castello, quattro persone, in 11,5 metriquadrati, se uno vuole fare un passo gli altri devono stare in branda, venti ore al giorno. Anche nell'estate più torrida.

Non ci sono attività? Certo, ci sono iniziative scolastiche, possibilità di lavoro, una molteplicità di progetti delle associazioni di volontariato, ma... qui diventa drammatica l'altra faccia dello stesso problema. La popolazione detenuta cresce, a Verona come in tutta Italia.

A Montorio si pensava a celle singole, 250 per fare cifra tonda. Subito hanno messo un letto a castello e raddoppiato la capienza: 500 sarebbe il massimo; poi hanno dovuto aggiungere un terzo letto per traverso, poi rimetterlo, a castello, in parallelo all'altro, e siamo attorno a 900 con qualche punta oltre i 1000 detenuti. D'altra parte ci sono (meglio: ci dovrebbero essere) le risorse per garantire le condizioni essenziali della pena in un paese civile: il rispetto dei diritti, la sicurezza, il percorso riabilitativo. Sta mancando tutto. Il bilancio dell'Amministrazione penitenziaria viene ferocemente tagliato ogni anno, e le ripercussioni sono: le difficoltà di manutenzione dell'edificio, la riduzione della quota pe ril mantenimento dei detenuti (per esempio, da 4 a poco più di 3 euro al giorno per il vitto onnicomprensivo di una persona), il ricorso alla carità privata per i generi di pulizia, d'igiene, divestiario, di corrispondenza delle persone sprovviste di mezzi, ai quali provvede la S. Vincenzo raccogliendo dal volontariato.

La Regione Veneto ha azzerato del tutto i fondi destinati alle attivitàsocio-educative, cioè quelle che dovrebbero aiutare a cambiar vita e non commettere altri reati. Ma c'è di peggio: il personale. Ai pochi psicologi è stato ridotto ancora l'orario di lavoro, diventato poco più che simbolico (non riuscirebbero a dedicare a tutti qualche minuto al mese); gli educatori sono a ranghi ridottissimi; la polizia penitenziaria è sotto organico (sull'organico calcolato quando i detenuti erano la metà) e continua a calare con i pensionamenti non sostituiti: è lasciata allo sbaraglio, con turni insopportabili, in numero assolutamente insufficiente a garantire la loro stessa incolumità, il normale funzionamento dell'istituto, gli spostamenti e i trasferimenti dei detenuti, la partecipazione della "comunità esterna", volontari o meno, senza la quale non ci sarebbero iniziative di recupero per dare senso e utilità sociale alla pena. In estate, con le ferie, si ferma anche quello che era rimasto. I volontari, già abituati ad essere respinti senza preavviso nei giorni in cui manca più personale, ora si sono sentiti dire che per tutta estate non è più possibile far niente.

Eppure qualcosa di buono è riuscito a produrlo anche questa catastrofe: per la prima volta non c'è più la sotterranea contrapposizione tra prigionieri e custodi,anzi pare che tutte le categorie a qualunque titolo coinvolte nel sistema penitenziario, e dunque certamente esperte, stiano dalla stessa parte, condividano più o meno le stesse ragioni, gridino denunce convergenti: a livello nazionale si va dal sindacato dei direttori di carcere a quelli della polizia penitenziaria, dalle rappresentanze degli educatori, degli psicologi, degli assistenti sociali alle organizzazioni di volontariato, dalle Camere penali degli avvocati ai collegamenti informali tra i loro clienti carcerati. A Verona i detenuti sono ricorsi a forme lievi e pacifiche di protesta, come la"battitura" delle pentole contro le sbarre, per solidarietà con l'agitazione altrettanto pacifica diffusa in molte altre carceri, anche in sostegno allo sciopero di Pannella. La polizia penitenziaria, che si considera in agitazione dal primo giugno, ha diffuso comunicati e ottenuto incontri e il dichiarato interessamento di politici.

Ma proprio nel cuore politico c'è ilmarcio che ha generato e sta aggravando questo massacro di diritti umani: governo e ministero della giustizia hanno saputo dare un'unica risposta: costruiamo nuove carceri. Senza intaccare i fattori che fanno aumentare i detenuti malgrado l'andamento in costante diminuzione dei reati, e senza nemmeno rispondere alla banale obiezione che ci sono già più di quaranta carceri, alcuni appena costruiti, disabitati per mancanza di personale. Mentre si taglia sulla vita delle persone, si stanziano cifre immense per i costruttori, chissà perché.