Le tensioni di maggioranza tra Lega e PDL abbattono il SIStema di Tracciabilità dei RIfiuti (SISTRI), che doveva essere il fiore all'occhello delle politiche ambientali italiane. La vera storia di un sistema nato male, gestito pessimamente e finito ancor peggio.

Tra le pieghe della manovra economica, il cui decreto è stato pubblicato in questi giorni (decreto n° 138/2011) c'è l'abolizione integrale del Sistri, il nuovo sistema di tracciamento digitale dei rifiuti che avrebbe dovuto entrare in vigore dal prossimo 1 settembre. A parte il fatto che non si capisce cosa ci sia di economico nel buttare a mare un progetto che è già costato milioni di euro pubblici e privati, e che avrebbe potuto entrare a regime senza ulteriori spese, occorre fare alcune considerazioni.

Questo governo si sta caratterizzando come il più incapace della storia repubblicana, sia per aver intrapreso questo progetto in maniera così folle e sconclusionata, sia per il modo in cui lo stesso è stato del tutto scaricato, senza possibilità di recuperarne le parti valide. Dopo quasi due settimane dalla sua cancellazione, sul sito internet sistri.it non vi è traccia di questa 'piccola novità', mentre campeggia ancora la foto della ministra Prestigiacomo, in mezzo a due carabinieri, dritti come fusi.

Per due anni questa promessa digitalizzazione dei rifiuti industriali ha coinvolto oltre 200 mila aziende italiane, facendo loro sborsare anche decine di migliaia di euro in tasse di scopo, dotazione hardware, adeguamento software e formazione del personale. Per due anni i giornali hanno riempito pagine di polemiche per l'inadeguatezza del sistema centralizzato, che avrebbe dovuto gestire quotidianamente decine di migliaia di transazioni di rifiuti, fornendo ai carabinieri del NOE il quadro complessivo della monnezza industriale italiana.

Il sistema era apparso fin da subito mal progettato, mal realizzato, non flessibile, e l'impresa aggiudicataria dell'appalto per la costituzione dell'infrastruttura, la Selex Management, azienda del gruppo Finmeccanica, si era dimostrata assolutamente incapace di gestire il lavoro affidato, peraltro con una procedura poco trasparente, senza una gara pubblica.

La stessa Selex Management era presto finita sotto indagine da parte della Guardia di Finanza di Napoli, per il presunto riciclaggio di denaro proveniente dall'appalto per il Sistri a carico dell'imprenditore Francesco Paolo Di Martino, che aveva ottenuto in subappalto alcuni dei lavori sul Sistri da parte della Selex Management stessa.

Per due anni la ministra Prestigiacomo si è bullata del fiore all'occhiello della politica ambientale italiana, ignorando le critiche che provenivano dagli operatori del settore, alle prese con chiavette usb e computer che non ne volevano sapere di funzionare, di black-box installate sui camion che, oltre a non funzionare, facevano scaricare la batteria, visto che non potevano essere spente e consumavano come una Porsche del '62.

Per due anni migliaia di 'consulenti' sono stati sguinzagliati a cercare di spiegare agli operatori delle aziende cose che nemmeno loro avevano capito, frettolosamente apprese nei corsi ministeriali, costretti a parlare di un sistema che esisteva solo sulla carta, o nelle loro teste, mentre nella realtà si potevano vedere solo i messaggi di errore.

Poi, d'un tratto, il 12 agosto, il consiglio dei ministri (all'unanimità!) ha decretato l'abolizione del Sistri. Ne abbiamo avuto notizia nei sonnacchiosi giorni successivi, per bocca di un raggiante ministro Calderoli, segno che non di provvedimento economico si trattava, ma di un regolamento di conti interno al governo tra la Lega e il PDL.

Sono giorni sonnacchiosi, quelli intorno a ferragosto, ma proprio per questo le polemiche giornalistiche hanno un'eco che in altri momenti non si nota. La frase più ricorrente è stata "L'abolizione del Sistri è un regalo alle eco-mafie", pronunciata dalla ministra Prestigiacomo subito dopo il consiglio dei ministri incriminato (ma il provvedimento non era passato all'unanimità?), diventata poi quasi un mantra da recitare per politici di opposizione e rappresentanti di associazioni ambientaliste.

In realtà, alla camorra o alla 'ndrangheta del Sistri non gliene importa un fico secco: chi ha soldi e organizzazione, se vuole portare rifiuti tossici in una discarica abusiva, non si fa certo fermare da una chiavetta USB certificata dal ministero dell'Ambiente e da una black-box con localizzatore satellitare inchiavardata sul camion. Basta usare per i traffici illeciti dei mezzi non iscritti al Sistri, privi di black-box, magari con scritto sopra 'Servizio krapfen'.

Il sistema poteva avere una sua utilità per impedire eventuali 'furbate occasionali' da parte degli operatori onesti, del tipo "dai, segna che sono arrivato un'ora fa, così eludo il divieto di circolazione temporaneo," o poco più. Altro che scacco alle ecomafie: i professionisti del crimine stanno ancora ridendo, al ricordo di queste parole.

Questo non significa che il Sistri sia una cosa da buttare, come invece sostengono gli artigiani che hanno fatto pressioni sulla Lega per l'abolizione. Poteva essere una buona occasione per fare un po' di ordine in un settore iper-regolato da leggi, leggine, millantatori e consulenti, e quindi poco trasparente. Ma doveva essere gestito meglio, senza 'il complesso di Cheope' che ha caratterizzato la povera ministra, ma con pochi obiettivi, semplici da ottenere.

Una considerazione a parte merita la fiducia illimitata nella tecnologia, che fu alla base della scelta del Sistri: ma davvero siamo convinti che sia sano affidare un intero settore economico a una chiavetta USB con firma digitale, una black-box geolocalizzata, e un PC collegato a internet, che necessitano di un assenso del sistema ministeriale per fare qualunque cosa? E se c'è un guasto sulla rete internet, o più probabilmente il PC della Prestigiacomo va in tilt, che succede, si ferma l'Italia?

A questo punto, vista la complicazione burocratica, è possibile che molte piccole e piccolissime aziende, ma anche qualche grande, stiano accarezzando l'idea di utilizzare il buon vecchio tombino della fognatura per smaltire i propri rifiuti, come facevano cinquant'anni fa, quando non c'erano le chiavette USB.