Glossario ciclistico dei comportamenti apparentemente scorretti, ma che salvano la vita.

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È uscito in questi giorni sulla Repubblica l'articolo L'Italia che pedala pericolosamente (ecco perché l'Italia non è un paese per ciclisti) del sempre ottimo Paolo Rumiz.

Il racconto prende spunto dalla recente tragedia di Lamezia Terme, dove sette ciclisti hanno perso la vita per colpa di uno sciagurato automobilista, e dice cose interessanti, che tutti noi ciclo-oltranzisti conosciamo bene.

"Non ti guardano, non ti vedono," dice Rumiz, evidenziando anche l'assurdità del progresso tecnologico, che rende le autovetture sempre più potenti, silenziose e pericolose: "L'elettronica li rende senza peso, massa inerziale; nasconde che il motore è un'arma e la patente un porto d'armi. E nemmeno tu li senti arrivare, perché oggi le macchine sono cose carenate e silenziose come ghepardi nella savana."

Citando Prébois, Rumiz elenca alcuni trucchi per non soccombere: "Primo, non stare troppo sul margine, ma a un terzo della carreggiata per obbligare i gommati a rallentare. Secondo, girarsi e guardarli; con quello sguardo ridiventi una persona e loro ti superano con più margine. Funziona sempre. Terzo, sputare sulla sinistra o, in casi estremi, smoccolare nella stessa direzione otturandosi la narice destra. Non gliene frega nulla di te, ma della loro carrozzeria sì, così ti girano al largo."

Ottimi trucchi, che non conoscevo. A questi aggiungo le mie personalissime tattiche di sopravvivenza. Badate bene: non si tratta del decalogo di un ciclista buonista. In anni di militanza ciclistica abbiamo purtroppo imparato che rispetto per le regole e sopravvivenza quasi mai vanno d'accordo.

Semaforo. Per il ciclo-sopravvivente il semaforo non ha alcuna importanza: le sue indicazioni vanno prese sempre col beneficio di inventario.

In alcuni casi è preferibile passare col rosso: per esempio, quando si svolta a sinistra, passare col verde è pericolosissimo. Il pericolo, dice Rumiz,  "arriva da dietro, a tradimento," e ignora il nostro braccio teso a indicare la direzione desiderata. Ci oltrepassano senza vederci, a velocità folle, spingendoci verso destra.

Col rosso, il pericolo che sta dietro di noi si deve fermare, ed è sufficiente badare a quelli che arrivano da destra e da sinistra, operazione senza dubbio più semplice. Non di rado io mi fermo al verde e riparto tranquillo col rosso.

Marciapiede. Certi tratti pedonali possono rappresentare la salvezza del ciclista, soprattutto quando si devono attraversare incroci percorsi da camion (vedi) o svincoli. Vi potrà capitare qualche pedone (sempre di meno, da quando l'auto è divenuta la protesi del cittadino occidentale), ma è sufficiente un "permesso" richiesto gentilmente per mutare la sua espressione perplessa in un sorriso (ringraziare poi).

Pista ciclabile. Quelle veronesi, in genere, sono una presa per il culo. Strette, malfatte, allungano il percorso invece di abbreviarlo e poi, improvvisamente, vi cacciano in strada in mezzo ai mostri rombanti. Meglio tenersi alla larga: si eviterà di scendere dalla bici per evitare le auto parcheggiate, di rischiare di investire pedoni che vi voltano le spalle con tanto di telefonino e o cuffie anti-campanello.

Camion. Sono il vero pericolo per il ciclista. Per quanto possano essere molto meno antipatici dei SUV, per quanto in media siano esperti i loro autisti, tra quei mezzi e quello che state faticosamente spingendo avanti c'è la massima sproporzione.

Anche la velocità dei camion è salita incredibilmente negli ultimi anni, sia per la potenza a disposizione, sia per le politiche commerciali dissennate delle aziende di trasporti gommati, sempre sotto organico e quindi sempre in ritardo.

L'autotreno è letale quando arriva da dietro: vi sorpassa in qualunque situazione, e a voi non resta che contate le ruote che vi sopravanzano. Ricordate che dalla quinta in poi l'autista si è già dimenticato di voi e, casomai dovesse schiacciarvi, probabilmente non se ne accorgerebbe. Tattiche possibili nelle strade a intenso traffico pesante: il marciapiede e la marcia contromano (vedi).

Sensi vietati. È una situazione favorevole e rara: il pericolo non arriva da dietro, ma soltanto da davanti. Magari si incazza un po', ma voi potete, come Rumiz, guardarlo negli occhi e anticipare le sue intenzioni. Se la carreggiata è abbastanza larga, auto in sosta permettendo, conviene approfittarne.

Pozzanghere. Mai come in questo caso è opportuno viaggiare al centro della carreggiata. Il maltempo non diminuisce la velocità delle auto, e la sensazione di protezione e di impunità degli automobilisti aumenta. Così, istintivamente, vanno a cercare la pozzanghera, e poco importa per il malcapitato che passa nelle vicinanze.

Velocità. Il vero handicap del ciclista, nel traffico cittadino, è la sua lentezza. Una velocità inferiore ai 30 km/h non è compatibile con i mostri attualmente in circolazione, a due, quattro o dodici ruote. È così elevato il divario di velocità, che gli autisti nemmeno si accorgono di usare violenza, quando arrivano lanciati al semaforo rosso, vi sorpassano e vi si parano davanti ostacolando il vostro passaggio (col rosso, come detto, conviene passare).

L'occhiataccia alla Rumiz, in questo caso non serve a niente: primo, perché non capiscono perché ve la prendiate, secondo, perché è già passato qualche secondo dalla loro fermata, e la memoria degli autisti è corta.