Giorgio Bragaia, che fu consigliere comunale negli anni '90, ripresenta una sua proposta.

Erano in tanti, alcuni giorni fa, a parlare di come utilizzare i grandi "contenitori", palazzi, caserme, ecc. da anni vuoti e, alcuni, quasi in rovina.

C'era il sindaco Tosi, il presidente della Fondazione Cariverona Biasi, la direttrice del museo di Castelvecchio Marini, assessori. L'occasione era la decisione di iniziare i lavori per il museo di Castel San Pietro.

Tosi ha criticato la scelta fatta dalla precedente Amministrazione di vincolare il Castello ad uso museale. "Era meglio-ha detto-fare scelte diverse e più redditizie". Un assessore ha detto che Verona ha troppi spazi peri musei.

A conclusione il presidente della Fondazione Cariverona Biasi ha detto: "Sarebbe cosa buona che si studiasse un Piano Regolatore ad hoc".

Finalmente.

Una quindicina di anni fa il Consiglio Comunale della nostra città approvò all'unanimità una mia proposta che cosi diceva :"Il Consiglio Comunale di Verona, considerata la straordinaria rilevanza del patrimonio storico-monumentale della città ritiene che il Comune debba predisporre, con il concorso di professionalità ricercate anche fuori dal nostro territorio, un Piano Regolatore pluriennale per la destinazione e l'uso dei cosiddetti grandi contenitori, Piano all'interno del quale saranno poi previsti singoli interventi particolari ...".

Documento approvato da tutto il Consiglio Comunale di quindici anni fa. Anche dall'allora consigliere Tosi (oggi sindaco) e dall'allora consigliere Tosato (oggi assessore).

Inviai il testo di quel documento a tutte le istituzioni culturali della città accompagnato da una lunga lettera esplicativa nella quale motivavo le ragioni che mi avevano spinto a fare quella proposta e i vantaggi che ne sarebbero venuti alla città se si fosse seguito un serio metodo di pianificazione urbana.

I destinatari furono il Rettore dell'Università. i Presidi di Facoltà, i Sovrintendenti, i direttori dei Musei, il ministro dei Beni Culturali, le Accademie, la Letteraria...e altri.

Alcuni, non moltissimi, risposero approvando.

Da allora, malgrado ogni anno rinnovassi la richiesta, e malgrado mi dichiarassi disposto a rinunciare alla paternità dell'iniziativa (perché, si sa, a Verona da una certa parte non può venire nulla di buono), silenzio assoluto.

Per quindici anni nulla di fatto se non interventi a caso, di volta in volta proposti e poi ritirati, senza una qualche logica complessiva, dettati solo da esigenze elettorali, propagandistiche...

Avevo fatto quella proposta perché stavano emergendo, tra le altre, alcuni suggerimenti avanzati anche da importanti personaggi della vita pubblica cittadina, tali da far temere il peggio.

Per esempio, per l'Arsenale ci fu chi propose la città dei giochi, un complesso di birrerie e trattorie tirolesi; darlo in dono agli austriaci per un museo storico; una caserma per i carabinieri: un museo della lirica....

Per castel San Pietro: il Casinò, il museo dell'olio e del vino, un albergo per VIP con sovrastante balera, una grande gelateria con belvedere coperto,...

Tra l'altro, prima di dire "Verona ha troppi musei" non sarebbe bene fare un inventario di quanto c'è ancora nei magazzini e negli scantinati degli attuali musei e gallerie d'arte e capire se ci sono collezioni private disponibili? Collezioni degli Enti pubblici, delle Banche, dello stesso Comune?

Abbiamo dimenticato che, due anni fa, una importante e bellissima collezione privata di quadri (della famiglia Ferro) è stata affidata al Mart di Rovereto piuttosto ad un qualche museo o a una qualche galleria pubblica veronese?

Un qualsiasi piccolo borgo o cittadina tedesca o francese o belga è orgoglioso di poter esporre anche poche opere e ne fa un richiamo anche turistico e noi, probabilmente, teniamo disegni e quadri del seicento o raccolte di medaglie o monete del Rinascimento e opere di artisti veronesi del secolo scorso nei sotterranei dei musei o nelle esclusive stanze e uffici di dirigenti di istituzioni pubbliche o Banche? E diciamo che a Verona ci sono troppi musei? E' proprio vero? Abbiamo fatto bene i conti?

Lasciamo che sedicenti artisti riempiano le nostre strade, palazzi, giardini di targhe, targhette, busti e bustini e teniamo nelle cantine autentiche opere d'arte.

Ora quella mia proposta viene fatta dal presidente della Fondazione Cariverona che, si mormora, non sia proprio un comunista. Sarà la volta buona?

Altro argomento

Su il "Verona Fedele" di queste ultime settimane c'è stato un interessante confronto tra alcuni lettori e don Fasani editorialista del settimanale cattolico veronese, portavoce del vescovo Zenti e titolare della pagina delle lettere al giornale.

Alcuni lettori avevano scritto, a proposito di Berlusconi, che "ad un credente non è consentito accettare che un comportamento morale infranto possa venire ricomposto da un consenso popolare o elettorale".

Don Fasani risponde, indispettito, e da vero uomo di mondo quale è, che "non mi sembra che per rompere con un Governo sia sufficiente che al suo capo piacciano le donne". Piacciano le donne. Tutto lì?

Ma i lettori insistono e ribadiscono che non può esserci separazione tra morale pubblica e morale privata. E allora il portavoce del vescovo Zenti si scatena e ricorda, come in un impietoso, osceno e compiaciuto film dell'orrore, "i ministri democristiani, santissimi e famosissimi, che si accompagnavano a ragazzi minorenni e facevano uso di droga....Presidenti della Repubblica, santissimi e famosissimi, che cambiavano amante come si cambiano i calzini, Presidenti del Consiglio che preferivano i carabinieri dai capelli biondi..."e avanti così.

Si scusa per non averlo detto allora pur sapendolo. Lo dice adesso per salvare Papi. Per dire che è sempre stato così che non c'è da farne una tragedia, via, cosi va il mondo e se lo dice lui che è il portavoce del vescovo è come se lo dicessero tutti i cattolici veronesi.

Ma è proprio così?

Dal tono delle lettere pubblicate, e da altri segnali, pare piuttosto che il portavoce don Fasani porti, si, la voce del vescovo Zenti ma un po' meno quella di tutti i cattolici veronesi.

Giorgio Bragaja