Chavez chiede ai paesi produttori di petrolio di ridurre il prezzo del petrolio per i paesi poveri. È un approccio giusto o sbagliato?

Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha chesto ai paesi produttori di petrolio di ridurre drasticamente il prezzo del petrolio per i paesi poveri.

Secondo Chavez, i paesi i più poveri dovrebbero pagare soltanto 20 dollari al barile contro gli attuali 90 e fischia. Quello di Chavez è un tentativo di esportare ai paesi OPEC uno stile di intervento politico tipicamente venezuelano, su una questione che lui considera "esplosiva".

È prassi comune, per il gabinetto di Caracas, usare a fini benefici (e politici) una parte considerevole degli enormi introiti che procura il petrolio per sovvenzionare programmi sociali.

"È possibile vendere petrolio ad Haiti, uno dei paesi i più poveri nel mondo, a 100 dollari, cioè lo stesso prezzo a cui si vende negli Stati Uniti? Non mi sembra giusto," sostiene Hugo Chavez.

"Mi piacerebbe vendere petrolio a un paese ricco a 100 e a un paese povero, magari, a 20," aggiunge. L'OPEC dovrebbe alzare il livello della propria azione politica.

Valanga di critiche a questa dichiarazione, da ambenti neo-liberisti, soprattutto statunitensi. Secondo alcuni, il Venezuela userebbe la sua ricchezza (il petrolio) per comprare influenza politica nel mondo, e danneggerebbe la propria industria nazionalizzando la propria infrastruttura.

Cosa ne pensa il mondo dell'economia solidale, così incentrato sulla decrescita e così ostile al petrolio a buon mercato, di una proposta del genere?

Meglio foraggiare con oro nero le nazioni povere, sostenendone l'industria, oppure cercare di riorganizzarne l'economia indipendentemente dal petrolio, a prezzo però di tanta fame e povertà?

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