La Festa della Liberazione sta ormai svanendo dal nostro calendario. Al posto di una cultura fondata sui valori civili e sulla partecipazione popolare prende sempre più piede una mentalità economicistica che valuta tutto in base al profitto immediato, reale o presunto

75 anni di televisione, prima quella del regime fascista, poi quella del regime democristiano, poi quella del regno berlusconiano, con tutti gli annessi e connessi e, bisogna ammetterlo, anche con qualche rara eccezione, hanno omologato (rendere simili, omogenei ad altri; cancellare le differenze) gli italiani, che ormai organizzano, o forse credono di organizzare, la loro vita secondo modelli presi pari pari dall'esempio di attori, attrici, cantanti, magnati dell'economia e dell'industria, intrattenitori, politici, ladri e assassini ampiamente promossi in onda.

Non che la radio sia stata da meno, ma certamente qui la pluralità delle proposte, dei format, dei linguaggi adottati e dei riferimenti culturali è stata ed è tuttora più evidente. Ciò non toglie che il 90% delle trasmissioni radiofoniche siano di una banalità, di una ripetitività e di una miseria intellettuale quasi incredibili.

Spicca in questo panorama Radio 24, animata da uno stuolo di pittoreschi intrattenitori. Si parte al mattino con Oscar Giannino e si finisce al tramonto con Giuseppe Cruciani, entrambi bilanciati da due sparring partner che hanno la funzione di riportare le escandescenze dei due fenomeni entro ambiti di maggior equilibrio e ragionevolezza. Confindustria utilizza da 17 anni questa emittente, della quale è proprietaria, per diffondere nel mondo il proprio Verbo, la propria interpretazione dei fatti, la propria declinazione delle notizie. Una visione del mondo in cui esiste un unico valore di riferimento: il profitto economico, che è l'anima del Mercato, al quale tutti i conduttori, da Giannino a Cruciani, prestano ogni giorno giuramento di fedeltà ed obbedienza. La campagna elettorale condotta per mesi da Radio 24 a favore delle trivelle è stata un esempio perfetto di parzialità e di schieramento preconcetto.

Il 25 Aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale proclamò l'insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Durò tutto pochi giorni: 3 giorni dopo Mussolini fu fucilato ed entro il 1º maggio tutta l'Italia settentrionale fu liberata. Prima c'erano stati gli anni della Resistenza e, soprattutto, l'entrata in guerra degli americani. L'opposizione prima al regime fascista e poi all'invasione nazista riguardò una percentuale minima della popolazione italiana. La stragrande maggioranza degli italiani venerava fanaticamente Mussolini. Va fatto notare che il ruolo della TV era stato precedentemente svolto dai parroci, distribuiti in ogni centro abitato della penisola così da formare efficientissimo sistema di comunicazione di massa che predicava da secoli una dottrina sociale basata sull'obbedienza ai "padroni" e sul rispetto della "proprietà".

A distanza di 70 anni dobbiamo ammettere che l'Italia non è cambiata molto: i ducetti di turno riscuotono ancora un vasto consenso; i valori civili (libertà, indipendenza, uguaglianza, solidarietà) godono di scarsa considerazione; la partecipazione polare è ridotta a zero.

Eppure, ora come allora, ci sono, distribuiti lungo tutto lo stivale, uomini e donne che lavorano con costanza ed intelligenza per promuovere un'informazione indipendente, per coinvolgere la popolazione nelle scelte dei governi e delle amministrazioni, per tentare d'immaginare degli scenari di convivenza alternativi a quelli disastrosi che stiamo sperimentando ai nostri giorni.

E' un lavoro difficile, faticoso, a volte disperante, ma è anche uno spazio irrinunciabile di libertà, di civiltà, di speranza, di creatività e di cooperazione.